Un grande impulso nell’ambito delle attività produttive ai cambiamenti ed alle scelte innovative deriva di solito dai provvedimenti di tipo giuridico, cioè decreti e leggi che oltre a regolamentare trasmettono definitivamente ai settori produttivi interessati, in ambito pubblico o privato che sia, la percezione di una forma di obbligo che indica la strada da intraprendere ed apporta conseguente sviluppo.
Questo assunto teorico, enunciato in tale sede, serve a chiarire come la metodologia BIM di fronte a quasi un decennio di sperimentazione, si è andata arricchendo di procedure di tipo tecnico-metodologico, derivate dal mondo accademico, ma lontane dalla pratica operativa quotidiana, proprio perché non ancora diventate prassi definitive, insostituibili ed inderogabili.
Nel mese di agosto 2021 è forse passato in sordina un provvedimento molto importante o ancor più necessario. Ci riferiamo al Dlgs 312 che, emanato in Gazzetta Ufficiale nella prima settimana del mese, rappresenta un’importante evoluzione ed integrazione del Dls 560 2017, noto anche come decreto Baratono.
In termini di leggi, nel settore BIM il primo grande passo in avanti era stato fatto con la normativa europea, la European Union Public Procurement Directive (EUPPD) emanata nel 26 febbraio 2014, mentre in ambito nazionale il primo provvedimento risale ormai al lontano 2016 ed è rappresentato dall’ art. 23 c1 lett. h della legge 50 sugli appalti pubblici (nota anche come nuovo codice degli appalti), nella quale in sostanza si prescriveva ed incoraggiava all’uso del BIM per lavori di una certa complessità tecnologica da parte delle stazioni appaltanti tra le pubbliche amministrazioni che avessero già i requisiti, in termini di competenze, personale e mezzi (praticamente allora nessuna P.A.), obbligando all’uso di un formato digitale di modello BIM cosiddetto aperto ed interoperabile (cioè non proprietario), al fine di promuovere anche la libera concorrenza tra software di BIM authoring, già diffusi e maturi. In quell’epoca però, almeno in Italia, non era completa, dal punto di vista degli strumenti operativi di attuazione, l’emanazione delle norme UNI 11337 sul processo digitale applicato al settore delle costruzioni. Infatti appena nel 2015 erano state rilasciate dall’ente nazionale di normalizzazione UNI la parte 1 su terminologie e definizioni e concetti fondamentali della metodologia, la parte 4 sui cosiddetti veicoli informativi e la parte 5 sul ciclo, svolgimento ed approvazione di una commessa in BIM ed i relativi livelli di maturità. Si è trattato del frutto del lavoro della commissione UNI costituita appunto da esponenti del mondo accademico (Politecnico di Milano), associazioni di settore in ambito edile ed interlocutori pubblici appartenenti ministero delle infrastrutture, ANAC - commissione peraltro poi nel tempo cresciuta a dismisura e quindi rallentata negli intenti -. Nelle norme e procedure UNI 11337 di prima emanazione gli strumenti operativi sono illustrati e descritti da un punto di vista metodologico e teorico, ispirate ed improntate sugli assunti ed indicazioni delle PAS1192 Britanniche, cioè le omologhe e pregresse procedure standard in ambito BIM emanate dalla BSI (British Stantandard Istitute). È la parte 6 delle suddette norme ad avere forse qualche valenza di tipo più operativo, poiché descrive l’utilizzo e la redazione dello strumento principale alla base di una commessa in BIM, ovvero la stesura e la struttura del Capitolato Informativo, cioè esigenze e requisiti di gara richiesti dalla stazione appaltante. Infine la parte 7, relativa ai requisiti ed abilità delle principali figure specialistiche coinvolte nel processo, è uscita nel 2017. Parliamo però appunto di procedure, strumenti tecnici, non certo prescrittivi.
In termini di Legge si è fatto un passo in avanti appunto con il Decreto n° 560/2017, nel quale sono stati indicate terminologie e concetti fondamentali, ambiti di applicazione (tipologie di lavori), obiettivi e tempi tecnici per la diffusione e l’adozione del BIM da parte delle stazioni appaltanti rappresentati dalle P.A., indicando però di massima, senza strumenti operativi, quali erano appunto le norme tecniche cui non si faceva minimamente riferimento, i metodi attraverso cui rendere pronte la stazioni appaltanti, cioè la formazione adeguata e le infrastrutture hardware e software.
Nel frattempo nel 2019, sono state emanate le Norme ISO 19650 part 1 e part 2 a carattere europeo, tradotte e proposte in Italia come norme EN UNI ISO 19650 di cui ci siano occupati in un precedente articolo, che uniformano e standardizzano il processo BIM a carattere europeo.
COSA VIENE AGGIUNTO NEL NUOVO DECRETO
Lo scopo del Dlgs 312/2021 è di ampliare i termini operativi del precedente Decreto 560/2017, di cui rappresenta un’integrazione, offrendo delle regole tecniche basate appunto sulle procedure standardizzate già citate in uso in Italia, ma anche le più inglobanti ISO EN UNI 19650, procedure standardizzate a carattere europeo in vigore già in Gran Bretagna. Pertanto già all’art 2, nell’elenco delle terminologie e definizioni di strumenti e procedure BIM, compaiono le integrazioni alle definizioni precedentemente elencate, come il concetto di Modello Informativo, come contenitore di informazioni strutturate, semi strutturate e non strutturate. Tra esse si cita l’Offerta di Gestione Informativa come documento in risposta alle esigenze del Capitolato Informativo da parte del concorrente alla gara di appalto e il Piano di Gestione Informativa, quale documento redatto dall’aggiudicatario come sviluppo ed evoluzione operativa dell’Offerta di Gestione Informativa.
Negli adempimenti preliminari delle stazioni appaltanti (art. 3), oltre all‘obbligo di formazione e di dotarsi di infrastruttura HD e SW, si parla di Atto Organizzativo relativo al processo di controllo delle fasi procedurali ed organizzative di commessa, per intenderci tipicamente le linee guida BIM che sono alla base del sistema di gestione della commessa, dei criteri di controllo e verifica e delle procedure. Notevole importanza rivestono anche le integrazioni riportate al capitolo 7 del Decreto che, come già accennato, cita le norme sul processo BIM, distinguendo le leggi nazionali le UNI 11337 da quelle a carattere internazionale, le UNI EN ISO 19650. Le prime infatti riportano specifici aspetti metodologici ed operativi nella prassi di sviluppo della commessa BIM e cioè nell’organigramma di sviluppo del ciclo di commessa, nella strutturazione dell’ambiente di condivisione dati ACDat e nella più ampia regolamentazione anche della pianificazione e gestione manutentiva del costruito, le norme UNI EN 11337 che abbiamo già enunciato. Pur non volendone fare in questa sede una organica trattazione, invece rappresentano un miglior adattamento della pratica BIM allo scenario produttivo presente nel nostro Paese relativamente alle esigenze delle P.A. e del mercato delle costruzioni in genere. Non a caso nello stesso articolo si va ampliando la gamma dei lavori ai quali è applicabile la tecnologia BIM, estendendo le tempistiche di adozione oltre che ai lavori complessi anche alle nuove costruzioni ed a quelle esistenti.
Infine è aggiunto totalmente l’articolo 7bis nel quale si dà facoltà alle stazioni appaltanti al fine di individuare gli aggiudicatari, la possibilità di applicare criteri premiali sostanzialmente basati su un maggior grado di competenza ed efficienza nelle dotazioni e negli strumenti messi a disposizione degli enti appaltanti, relativamente ai suggerimenti gestionali indicati già in sede di Gestione di offerta Informativa, ma poi anche nel monitoraggio del processo costruttivo in tutte le sue fasi, nella possibilità di impiego di strumenti digitali, nell’esplicitazione di criteri di maggior sostenibilità applicando i principi del green procurement ed i criteri ambientali minimi, nella scelta dei materiali, nel perseguimento della sicurezza nel lavoro e altri criteri di maggior efficienza garantiti in tutto il delivery lifecycle.
RICADUTE IMMEDIATE NELL’ IMPLEMENTAZIONE DELLA METODOLOGIA BIM
L’emanazione di tale Decreto, insieme anche ad una maggior attenzione alla qualità operativa - si pensi alla possibilità di certificare le aziende con un sistema di qualità BIM il cosiddetto SG BIM - a nostro avviso dovrebbe aver l’effetto di dare maggior impulso e realistiche prospettive ed una accelerazione nell’adozione del BIM, processo che attualmente nel nostro Paese deve essere metabolizzato in primo luogo dalle pubbliche amministrazioni, dato che prende le mosse dall’esigenza che hanno i governi di controllare la spesa pubblica nel finanziamento di grandi infrastrutture e nel mantenimento del loro patrimonio immobiliare. Serve infatti una maggior chiarezza di intenti che passi anche per una consapevolezza e competenza da parte dei responsabili degli uffici tecnici, sulle tecnologie e le procedure cui fa riferimento il decreto di cui ci siamo occupati.
Il mercato ha recepito la tecnologia già da anni: molte sono le società di Ingegneria che hanno maturato già un solido bagaglio metodologico o meglio potenziale. Infatti non si può dire che fino ad oggi ci sia stato un particolare rigore metodologico nei bandi in BIM che sono già stati espletati. In particolare si pensi a tutte quelle progettazioni ospedaliere che per la loro natura e complessità tecnologica della progettazione sono in prima linea nella potenziale gestione di tutto il ciclo di commessa in BIM. L’anello mancante infatti è proprio rappresentato da un vuoto prescrittivo e metodologico che deriva da chi dovrebbe dettare le linee operative. Le procedure e come, e con quali competenze, vanno applicate è indicato nelle norme sopra citate, ma rappresentano un approccio teorico, che deve essere costantemente ben chiarito e perfezionato attraverso la sempre minore episodicità di gare che richiedano l’uso della progettazione digitale. Lo sforzo anche economico in termine di dotazioni tecnologiche, formazione e consapevolezza delle competenze, sull’uso e sulle procedure insite nel processo, è ingente ed oneroso.
Arch. Luca Talucci - BIM Expert